MUSEO DELLE VARETTE

Il Museo delle Varette di Cittanova, gestito dalla Parrocchia San Girolamo, custodisce e valorizza i preziosi e monumentali gruppi scultorei, opera dei celebri Scultori ottocenteschi Francesco e Vincenzo Biangardi.

«Lo scultore Francesco Biangardi (Napoli, 23 febbraio 1832- Caltanissetta 21 febbraio 1911), si stabilì a Cittanova nel 1864 e nei nove anni di permanenza nacquero cinque figli. Nel 1873 si trasferì a Caltanissetta ed in quella città morì il 21 febbraio 1911. Le undici statue dei Sacri Misteri, dette localmente le Varette, che si portano in processione il Venerdì Santo, erano custodite nella chiesa arcipretale di San Girolamo. Sei di queste furono scolpite a Cittanova: L’orazione di Gesù nell’orto, La flagellazione di Gesù, La coronazione di spine di Gesù, La caduta di Gesù sotto la croce (1865) costate tutte 1200.00 lire; La Maddalena (1867) pagata 276.25 lire e La deposizione di Gesù dalla croce (1868) per 1362.00 lire. Residente ormai a Caltanissetta, gli furono richiesti Il Cristo con la Desolata (1888) costata 800.00 lire; Il Cristo fra i due ladroni, detto Il Calvario (1889) che costò 400.00 lire per ogni figura; L’Ecce Homo per 432.15e la Madonna e San Giovanni per il gruppo del Calvario (1892) per 600.00 lire per un totale complessivo di 1800.00 lire; L’Addolorata (1895) con la spesa di 100,00 lire. Suo è il gruppo di San Giuseppe lavoratore col Bambino e San Giovannino, custodito a Cittanova nella chiesa omonima. Restaurò nel 1865 col figlio Vincenzo il gruppo de La Pietà (1816) del napoletano Domenicantonio Coppola e, nel 1873, la settecentesca statua lignea dell’Immacolata» (Antonio Tripodi, Sulle Arti in Calabria. Dizionario biografico e documentario su Artisti e opere d’Arte, Adhoc Edizioni, Vibo valentia 2016, p. 158).   

«Questa notevole serie di figure e gruppi scultorei, che abbraccia tutta la storia della Passione e Morte di Gesù presentandone i momenti più significativi, mostra nella sua fattura pregi cosi notevoli da potersi classificare una vera e propria opera d’arte che a buon diritto, onora la nostra cittadina e attrae ogni anno, nelle ricorrenze pasquali, folle di devoti e di turisti persino dai centri più lontani della regione.

Caratteristica comune a tutte le statue è tipica del gusto e dello stile del tempo in cui esse furono scolpite e della scuola alla quale l’artista si rifece, è la ricerca della espressività nei volti e nei gesti dei vari personaggi. Si guardino le varie figure del Cristo: si noterà sempre la stessa compostezza mesta e sublime, che traspare sia dal volto sia dall’ atteggiamento del corpo e dalle membra. Nel volto del redentore Crocefisso che, nel cosiddetto gruppo Tre Croci, si volge al buon ladrone per promettergli il perdono ed il paradiso, si tocca forse il vertice di tale ricerca, che rivela la sincera e commossa partecipazione dell’artista al mistero della Passione.

Si guardino ancora le figure della Madonna: sia che venga presentata ritta ai piedi della Croce, sia prostrata a contemplare il figlio moribondo ho già morto, nell’ atto di accoglierlo tra le braccia quando viene deposto si rimane sempre colpiti da quell’espressione straziata, ma giammai esagitata e scomposta, che si rivela cioè più tosto nello sguardo accorato, nella bocca dischiusa al gemito, e, quando essa siede a terra semi svenuta nel pallore del viso e nel languido abbandono delle membra si osservino dall’altro canto i vari atteggiamenti dei carnefici tutti esprimono la stessa ferocia e crudeltà sanguinaria, attraverso i loro sguardi accigliati e stravolti, le loro guance arrossate, i lineamenti grossolani, le labbra contratte e tumide che si aprono all’oltraggio e alla bestemmia.
Ma accanto a questa, che è la caratteristica più evidente e facile a rilevare, bisogna notare ed apprezzare nel suo giusto valore la minuziosa e perfetta osservazione e riproduzione dei particolari anatomici: si osservi la cura con cui sono trattati i vari nudi del Cristo nelle diverse positure oppure la robustezza virile delle membra sia degli apostoli e discepoli che dei carnefici oppure, così mirabilmente delicato il modellato dei corpi femminili, come quelli della Madonna ai piedi della croce e della Maddalena in lacrime.
Notevole infine la capacità dello scultore nel comporre i singoli gruppi. Ciascuno di essi infatti non risulta un insieme di figure scolpite separatamente e poi giustapposte le une alle altre, ma una scena concepita ed eseguita con visione unitaria ed armoniosa, una scena sulla quale l’occhio riposa e gode del sapiente contrapporsi e combinarsi di masse scultoree, di gesti, di membra, di pieghe e panneggi; persino gli elementi geometrici, come la croce, i flagelli, la lanca, sono disposti in modo da non rompere, bensì assecondare tale armonia.
Si osservi, a tale riguardo, il gruppo mirabile della deposizione: quivi la capacita compositiva dell’autore da la migliore prova di se, essendo riuscita a disporre in un o spazio cosi limitato ben sei figure senza sminuire l’importanza e la funzione dell’una a vantaggio dell’altra, ma collocando le tre superiori cioè quelle dei discepoli che compiono il pio ufficio e del corpo esanime del Cristo, in una successione di masse di movimento che ha la sua conclusione in basso nella figura armoniosamente statica della madonna che aspetta che le venga restituito il figlio.
Volendo riassumere in un giudizio conclusivo i meriti di tale complesso di opere, possiamo dire che esso dimostra a quale livello di perfezione fosse pervenuto l’artigianato della scultura in legno, fiorente ed operoso nel meridione d’Italia nel XIX secolo; un livello che nei temperamenti più geniali, quali quello del Biangardi, e già all’altezza dei prodotti della vera e propria Arte del Sei e Settecento che certamente servirono di modello ed ispirazione a codesti illuminati artigiani».
Giuseppe Pepe in Arturo Zito De Leonardis, Cittanova di Curtuladi, MIT, COSENZA 1986 PP.561-565.
Il museo custodisce, inoltre, la vara del Cristo Morto, opera di artigiani Cittanovesi, risalente al 1856, costata ducati 73.12 e l’imponente statua del Cristo Risorto opera di certa attribuzione dell’illustre scultore di Garopoli, Domenico De Lorenzo (?-1812), risalente 1797.

Direttore e Curatore Don Letterio Festa
Orari e giorni di apertura: ogni giorno, previa prenotazione, in orari d’ufficio.
Indirizzo: Via Vincenzo Zito, 89022 Cittanova (RC)
Telefono: 0966-653948
Facebook: Museo delle varette
Email: par.sangirolamo@libero.it

 

 


 

Gesù nell’orto degli ulivi

Gesù nell’orto degli ulivi

“…anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo disse loro:. Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: <Padre, se vuoi allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà>… in preda all’angoscia pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra”

Lc 22,39-46

Gesù, figlio di Dio, e Dio egli stesso, pregava. E la preghiera era così forte, così intensa da farlo sudare sangue.Pregava, non recitava le preghiere, era in comunione diretta con DIo

Opera dello scultore napoletano Francesco Biangardi, realizzata nel 1865. E’ una delle prime opere realizzate che compongono l’insieme delle Varette. E’ scolpita a tutto tondo in legno di tiglio, le dimensioni sono quasi in scala reale. La naturalezza degli atteggiamenti delle due figure, oltre a evidenziare la pregevole fattura dell’opera, mette a confronto il reale con il soprannaturale.

 


 

La Flagellazione 

La Flagellazione 

“Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire…si è caricato delle nostre sofferenze… schiacciato dalle nostre inquità. Il castigo che ci dà la salvezza si è abbattuto su di lui. Maltrattato, si lasciò umiliare e non apri la sua bocca; come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca.”

Is 53, 3-5.7

Io sto con te Gesù.

Questo mondo ti può insultare, ti può bestemmiare senza paura e Tu ti sei lasciato sputare e maltrattare perché Tu non fai paura, perché tu rispondi con il perdono a chi ti offende. Io sto con te Gesù.

La bellezza dell’opera è dovuta sia alla sapienza delle proporzioni degli elementi compositivi che alla espressione comunicativa dei volti: consapevole accettazione del Cristo e incosciente cattiveria dei soldati.


 

La coronazione di spine

La coronazione di spine

 

La coronazione di spine 

“Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: “Salve, re dei Giudei!”. E sputaLa coronazione di spinendogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo”.

MT 27, 28-30

Sei stato incoronato Re dei Giudei, incoronato da chi ha prodotto le spine con il peccato. Anche oggi, continuamente, aggiungiamo spine a quella corona. Fino a quando?

Francesco Biangardi, con la collaborazione del figlio Vincenzo, nell’esecuzione dei gruppi di statue che rappresentano la Via Crucis, ha subito dimostrato la fama che lo precedeva come artista appartenente alla scuola dell’800 napoletano. La malleabilità del legno di tiglio permette una plasticità di movimenti che fa vivere l’azione dei personaggi e rafforza i sentimenti: maggiore è la sofferenza di Gesù, più grande è l’impegno dei soldati nel loro compito.

 


Statua dello Ecce Homo

Statua dello Ecce Homo

Statua dello Ecce Homo

“E Pilato disse loro:<Ecco l’uomo!>. Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: <Crocifiggilo, crocifiggilo>. Disse loro Pilato:<Prendetelo voi e crocifiggetelo, io non trovo in lui nessuna colpa>.

Gv 19,4-6

La rabbia e la cattiveria umana prevalgono sopra ogni forma di bontà, anche davanti all’innocenza più evidente.

La giustizia umana è solo un’illusione, la certezza sta solo nella giustizia divina; ma la vara speranza è bene porla nella grande misericordia di Dio.

Davanti a Pilato che espone Gesù alla folla, sperando di trasmettere il suo pensiero sull’innocenza di Gesù, il Biangardi, con abilità di grande artista che sa plasmare un semplice materiale come il legno di tiglio, è riuscito a far immedesimare, in chiunque si pone davanti a quest’opera, l’illusione di poter esprimere un suo parere di incolpevolezza nei confronti di Gesù.


La caduta sotto la croce

La caduta sotto la croce

E’ il peso dei nostri peccati o l’infinità del suo amore?

Quarto ed ultimo Mistero del primo gruppo realizzato dallo scultore napoletano Biangardi tra il 1856 ed il 1866.

La scena della Caduta si vive appieno per la sovrapposizione dei piani in cui si svolge l’azione e i gesti dinamici dei personaggi. Per la straordinaria bellezza delle prime opere, il lavoro del Biangardi continuerà negli anni avvenire consegnando ai cittanovesi un’opera unica che si tramanda nel tempo.

 

 

 


Statua della Maddalena

Statua della Maddalena

Statua della Maddalena

“Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l’unguento sul suo capo. Allora Gesù disse: “Essa ha fatto ciò ch’era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto.”

Mc 14,3.8-9

E’ di mirabile bellezza… donna smarrita, debole, indifesa; nel peccato succube degli uomini. In Gesù cerca e riconquista la sua libertà, fisica e spirituale. Il bel volto trapela dolore dovuto al distacco, ma per l’amore che lo lega traspare una dolce serenità.

La statua della Maddalena, una delle varette dell’insieme scultoreo delle statue lignee dei Misteri che raffigurano la Passione di Cristo, è stata scolpita nel 1867 dallo scultore napoletano Francesco Biangardi. Come le altre, è scolpita in legno di tiglio con la tecnica a tutto tondo.


Statua della della Desolata

Statua della della Desolata

Statua della Desolata

“Mentre il Figlio soffriva la passione del corpo, la Madre soffriva quella del cuore.”

Mc 14,3.8-9

Mamma, non c’è nome più bello, non c’è amore più grande di quello di una mamma. Una mamma non dovrebbe e non vorrebbe sopravvivere ad un figlio, e si può mai misurare il dolore di Maria, madre di tutte le genti?

Opera realizzata nel 1888. Dopo più di vent’anni il lavoro del Biangardi prosegue per il completamento del maestoso insieme scultoreo delle statue lignee delle Varette. Si coglie nel volto di Maria un dolore docile e paziente, comunicando la spossatezza che assale dopo la tensione vissuta nei momenti precedenti.

 


Statua del Calvario

Statua del Calvario

Statua del Calvario

“Gesù, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che Egli amava, disse alla madre: <Donna, ecco il tuo figlio!>. Poi disse al discepolo:<Ecco la tua madre!>. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.”

Gv 19,26-27

Tre croci, tre vite, tre cuori. La perfezione di un numero si trasforma in tragedia. Ai piedi della croce Giovanni e Maria. Grande è il dolore, ma il Mistero che ha accompagnato la vita del Figlio la conduce a diventare la guardiana silenziosa della storia.

Tra tutti i Misteri, il Calvario, con le sue tre croci, è quello che più lascia col fiato sospeso. La grandezza e la complessità della composizione comunica allo spettatore l’importanza dell’uomo di fronte alla volontà e ai disegni di Dio. Il Biangardi, con grande maestria racconta, con la posizione di ogni elemento, le espressioni dei volti e l’equilibrio delle proporzioni, tutto quello che è successo negli ultimi istanti della vita di Gesù.

 


Statua della Deposizione

Statua della Deposizione

Statua della Deposizione

“C’era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato deposto.”

Lc 25,50-53

Sembra la fine. La croce, simbolo di castigo e di penitenza, è invece l’elemento centrale di tutto il mistero dell’amore di Dio per l’intera umanità. Gesù si fa peccato e inchioda sulla croce il peccato per vincere il peccato e raggiungere la vittoria su di esso con la Risurrezione.

E’ un’opera molto complessa, sia nel numero dei personaggi che la compongono, sia per la molteplicità dei sentimenti e delle azioni che essa esprime. Il Biangardi non viene meno alla sua abilità: nel poco spazio che essa occupa riesce a collocare sei figure che, nel loro dinamismo, raccontano l’opera pia di coloro che depongono Cristo dalla croce e i sentimenti vissuti dagli intimi di Gesù. Le figure, tre nel primo compito e tre nel dolore che provano, mantengono l’equilibrio e la coerenza espressiva che si coglie in ogni statua o gruppo dell’intera opera.


Statua della Pietà

Statua della Pietà

Statua della Pietà

E’ un tema svolto da innumerevoli artisti. Il Biangardi non è stato da meno a nessuno per la bellezza e l’intensità dell’opera. Si coglie appieno l’abbraccio di una madre che tiene il Figlio morto con delicatezza, come se lo volesse appena sfiorire per non fare ancora ulteriormente del male. Il volto del Cristo morto, appesantito non dagli anni, ma dal peso del peccato, è contrapposto dal volto addolorato, ma dolce e luminoso di Maria, immune da ogni colpa.