CHIESA SAN ROCCO

I lavori di costruzione della chiesa furono iniziati nel 1835 per volere del notaio Vincenzo Zito, su un progetto dell’architetto Vincenzo Tarsitani. Furono sospesi nel 1854 e ripresi, per varie vicende, soltanto cinquant’anni dopo. Il lungo asse di tempo ha variato il progetto originario creando, in tal modo, un doppio prospetto. In origine la chiesa doveva essere rivolta verso l’antica strada che portava al passo del Mercante, mentre nuove esigenze fecero in modo che il progetto fosse variato completamente, invertendo l’ingresso della chiesa e creando un nuovo prospetto sulla piazza su cui si affaccia l’attuale palazzo Acton.
L’edificio, di notevoli dimensioni, è la chiesa a navata unica più grande dei paesi della Piana, presenta una struttura volumetrica composta da due elementi affiancati, larghe lesene chiuse da una cornice sulle pareti laterali scandiscono gli alzati da cui si evince il corpo più alto dell’abside e quello allungato della navata. L’altare maggiore con la statua di San Rocco, pregevole scultura in legno del XVIII secolo, venne commissionata dai padri Riformati dell’Ordine d’Alcantara allo scultore Giovanni Marchiore di Caviola di Falcede (Belluno) e apparteneva al distrutto Convento di San Pietro d’Alcantara. Le tre colonne in marmo, che reggono il pulpito, si trovavano all’interno della Villa Comunale e facevano parte dell’antica chiesa del Convento degli Alcantarini.
L’altare, con rescritto del 28 settembre 1850 del papa Pio IX, venne dichiarato “altare privilegiato” e con un successivo rescritto dello stesso pontefice venivano erogate le indulgenze a tutti coloro che durante la Novena del Santo avessero visitato la chiesa di San Rocco.
Le tele sul soffitto sono opera del cittanovese Moretti (1868/1930) e raffigurano: San Rocco Taumaturgo, San Rocco Taumaturgo tra gli appestati, San Pasquale Baylon in estasi davanti al Sacramento. Nel 1916, don Girolamo Pietropaolo ed il priore Michele Avenoso dotano la chiesa di un grande organo a canne, opera della rinomata ditta Busetti di Torino.
Sull’antica campana di San Rocco che porta la data 1901 (rifusa), è inciso lo stemma del duca di Cardinale e principe di Summonte, della Madonna della Montagna e di San Rocco, oltre al nome di coloro che la realizzarono: Francesco e Vincenzo Borgia di Melicuccà. La stele in arenaria, posta all’esterno, sul sacrato della chiesa con la scritta “A.D. 1774 MISE ET PROVI DEI” segnava l’antico limite dell’area del Convento che sorgeva ai piedi della Collina di Cavallica, che nella parte sottostante la Collina confinava con l’attuale via San Pasquale a ridosso di via Menia, oggi via Tarsitani.
Un calice di purissimo argento ed altri oggetti sacri, si conservano , oggi, nella chiesa di San Rocco, sul piede di questo calice c’è scritto “San Pasquale di Casale Novo Laico 1742”.
La statua di San Pasquale che oggi si trova nella chiesa, apparteneva anch’essa all’antico Convento, questo si estendeva per circa 100 metri di lunghezza e più della metà in larghezza, un atrio spazioso con in mezzo una fontana, l’acquedotto della quale ancora esiste e portava l’acqua anche nel cortile del palazzo Ducale.
Il Convento lentamente finì la sua opera e ,dopo il terremoto del 1783, la sua storia s’intreccia con la costruzione della chiesa di San Rocco, seppure la principessa Maria Antonia nel 1801 tentò di restaurare il Convento, con il ritorno dei frati Osservanti ma i tempi erano mutati. Un tentativo di un ritorno dei frati francescani avvenne per un breve tempo, con la presenza di alcuni padri ospiti nel palazzo Adornato Vermicedari nella via Sant’Antonio, costruito nel 1804 (la data è riportata sul portale d’ingresso).
La Confraternita di San Rocco, che apparteneva al ceto del Paese, fu istituita con regio decreto di Ferdinando II, re delle Due Sicilie, nel 1838. Nel 1843, con decreto regio, venne autorizzato il Comune di Casalnuovo a celebrare un’annua fiera da tenersi nei tre giorni precedenti la terza domenica di settembre, nella quale domenica poi succedeva la festa. La Fiera si svolgeva nell’area dei Giardini pubblici e fu denominato “La Fiera di San Pasquale”.

Testo a cura di Giuseppe D’Amico